Intervista a Moreno Gambato, autista soccorritore CSSA

Ciao Moreno, grazie per la disponibilità a realizzare questa intervista, che ha lo scopo di raccontare il lavoro tuo e dei tuoi colleghi, specialmente in questo momento difficile.

Presentati brevemente: che lavoro svolgi? Da quanto tempo lavori in CSSA?
Lavoro in CSSA da marzo 2016. Sono un autista soccorritore operante nei servizi affidati in appalto alla Cooperativa dall’ULSS 3, distretto di Dolo (VE) e Mirano (VE), svolgendo sia servizio di trasporto secondario, sia servizio di trasporto emergenza.

In che cosa consistono questi servizi?
I trasporti secondari sono dei trasporti organizzati dalla nostra centrale operativa per conto delle ULSS, ma anche dei cittadini privati, e sono destinati a realizzare trasferimenti ospedale-ospedale, ospedale-casa o casa-ospedale per diverse esigenze: dismissioni di pazienti, necessità di portare pazienti a fare visite mediche, esami, medicazioni, ecc. L'equipaggio dell’ambulanza è composto da un autista soccorritore e da un operatore socio sanitario. Il trasporto emergenza, invece, opera con un autista soccorritore e un infermiere e si occupa di interventi di emergenza-urgenza per il 118.
Svolgiamo entrambi i servizi con le nostre ambulanze CSSA, mezzi accreditati presso la Regione Veneto, efficienti e perfettamente attrezzati. Per quanto riguarda il personale, siamo tutte figure altamente qualificate, anche grazie ai corsi di formazione che la Cooperativa finanzia, organizza ed eroga, monitorandoci e proponendo opportuni momenti di aggiornamento e retraining.

Parliamo della pandemia e della difficile situazione che stiamo vivendo. Anzitutto, che ricordi hai dei primi giorni di diffusione del virus?
Eravamo a fine febbraio 2020. Inizialmente non pensavamo che si trattasse di un virus così devastante. Pensavamo che fosse qualcosa da affrontare con la massima serietà, ma mai avremmo immaginato che potesse tramutarsi in una pandemia globale.
Ricordo come tutto è progredito: i giorni passavano, la situazione complessiva mondiale e nazionale peggiorava e noi eravamo costretti a fare turni di lavoro sempre più estenuanti, trasportando sempre più pazienti contagiati, lavorando completamente bardati, costantemente costretti a compiere sanificazioni e a prendere precauzioni di ogni sorta. Nell'arco di poco tempo capimmo che era iniziata una fase del tutto nuova e drammatica.
Il COVID ha reso molto più difficile il nostro lavoro e ha costretto la Cooperativa a compiere ingenti sforzi economici per permetterci di lavorare in sicurezza.

E oggi? Com’è la situazione? È cambiato qualcosa?
Oggi abbiamo maturato una certa esperienza rispetto a questa patologia e alla sua capacità di diffondersi, di conseguenza, abbiamo alzato la nostra preparazione a riguardo.
Tuttavia, a mio avviso, ciò che è cambiato maggiormente è l’atteggiamento mentale complessivo: ci siamo abituati. Il mondo si è abituato, le comunità in cui viviamo e lavoriamo si sono abituate e, talvolta, questo porta le persone ad abbassare la guardia. Questo però rischia di avere risvolti complicati per noi che operiamo ogni giorno in prima linea.
Da un certo punto di vista, questo “averci fatto il callo” lo si può misurare anche nella considerazione che l’Opinione Pubblica ha di noi operatori sanitari: inizialmente venivamo definiti da tutti come degli angeli, dei supereroi, ora questo tipo di riconoscimento e di sensibilità per il nostro lavoro si è decisamente moderato, se non, talvolta, capovolto…
Ovviamente, questo cambio di atteggiamento non vale per tutti. Ancora oggi, infatti, riceviamo importanti attestazioni di stima e di affetto dalle persone che serviamo, e queste sono le cose che più ci danno soddisfazione.
Ad ogni modo, è importante dire una cosa: questo è il nostro lavoro, lo abbiamo scelto, lo amiamo, con tutte le difficoltà che comporta. Non lavoriamo per le luci della ribalta o per la gloria, lavoriamo perché amiamo fare ciò che facciamo. È sempre stato così e lo è ancora di più oggi, in una situazione in cui mettiamo a rischio noi stessi e le nostre famiglie.

Qual è il livello di stress che state vivendo?
In questa fase il livello di stress è molto alto. Bisogna tenere in considerazione, infatti, che chi lavora nell’emergenza oggi deve sommare difficoltà a difficoltà: non c'è solo il COVID, ci sono tutte le “normali e quotidiane” attività di soccorso e di emergenza a cui dobbiamo dare risposta, tenendo sempre presente la potenziale presenza del virus in ogni azione che facciamo.

Quanti pazienti COVID trasportate in media?
Trasportiamo numerosi pazienti COVID, sia nei trasporti secondari, sia affrontando trasporti di emergenza, in cui, ad esempio, grazie ai nostri infermieri effettuiamo tamponi rapidi per valutare le situazioni di rischio. Trasportiamo in media di 4/5 contagiati COVID al giorno. E quando si parla di contagiati COVID si intende sia persone che non presentano sintomi preoccupanti, sia le casistiche più gravi, per esempio persone intubate che vanno spostate da una rianimazione ad un’altra con la presenza in ambulanza del medico rianimatore.

Sei stato contagiato o hai mai dovuto vivere giorni di quarantena?
Grazie a Dio no. Settimanalmente facciamo i tamponi e siamo costantemente monitorati e attrezzati con tutti i DPI. Tuttavia i rischi restano alti. Purtroppo ho avuto diversi colleghi contagiati e qualcuno è stato anche parecchio male. Per quanto stai attento e sei equipaggiato questo virus è subdolo e difficile da arginare. Con un po' di ironia mi viene da dire che, stranamente, questo virus colpisce anche i supereroi...

Quali sono le criticità più forti che voi operatori sanitari appartenenti ad una cooperativa sociale state vivendo?
Dal punto di vista del lavoro, noi operatori sanitari della Cooperativa svolgiamo le stesse attività dei colleghi che lavorano nelle ULSS, agiamo nello stesso contesto, corriamo gli stessi rischi, facciamo fronte allo stesso grado di complessità.
Tuttavia, ogni tanto accadono delle cose che ci spiazzano e ci fanno stare male, delle differenze di trattamento di cui non capiamo il motivo: ad esempio, gli operatori sanitari delle Pubbliche Amministrazioni hanno ricevuto specifica indennità COVID che a noi non è stata riconosciuta. Eppure, come detto, noi svolgiamo lo stesso lavoro e corriamo gli stessi rischi.
La nostra Cooperativa e le sigle sindacali si stanno dando da fare per cercare di sensibilizzare il Committente Pubblico e ci piacerebbe che anche l’Opinione Pubblica, la Stampa e tutti gli Organi di informazione riflettessero su questa tematica, che diventa cruciale per creare un sistema più forte: la cooperazione sociale, infatti, ricopre un ruolo fondamentale per la società, riconoscerlo sia socialmente, sia economicamente consentirebbe di offrire a territorio e collettività il miglior sistema di servizio alla persona possibile.

Della tua squadra di colleghi che cosa ne pensi?
Non posso che parlare bene dei miei colleghi, non è retorica, sono grandi professionisti e grandi persone.
Siamo una squadra affiatata, siamo tutti operatori preparati, competenti e con una grande attenzione alla dimensione umana, nella relazione con i colleghi e con gli utenti. Mi sento fortunato a lavorare con loro. Provo stima professionale e affetto personale per loro.

Le altre persone riconoscono la delicatezza e l’importanza del vostro lavoro?
Come detto prima, in questo momento ci sono delle situazioni un po’ contraddittorie da parte dell’Opinione Pubblica in generale. Però devo dire che il rapporto con le persone è sempre il centro per noi: quando portiamo a casa un paziente dimesso o soccorriamo qualcuno in difficoltà, poi queste persone ci ringraziano con il cuore, e questo ci alimenta e ci dà forza.

Infine, che messaggio vorresti mandare a chi ti legge?
Spero tanto che questa pandemia termini al più presto, per tornare a vivere una vita normale, mostrando i nostri volti e i nostri sorrisi. Oggi siamo dentro al tunnel, ma teniamo duro tutti assieme che l’uscita è vicina.

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